George Washington sull'abolizione della schiavitù (1786)

Nell'aprile 1786, George Washington scrisse a Robert Morris, esprimendo le sue opinioni sui movimenti abolizionisti a Filadelfia:

“Vi do il disturbo di questa lettera su istanza del signor Dalby di Alexandria; che è chiamato a Filadelfia per assistere a quella che concepisce essere una causa vessatoria nei confronti di uno dei suoi schiavi, che una società di quaccheri della città ha tentato di liberare. Il merito di questo caso apparirà senza dubbio durante il processo, ma dallo stato della questione del signor Dalby, dovrebbe sembrare che questa Società non solo si stia comportando in modo ripugnante alla giustizia, per quanto la sua condotta riguarda gli estranei, ma, a mio parere, estremamente impoliticamente…

Spero che da queste osservazioni non si possa pensare che sia mio desiderio tenere in schiavitù le persone infelici che sono oggetto di questa lettera [afroamericani]. Posso solo dire che non esiste un uomo che desideri più sinceramente di quanto io veda un piano adottato per l'abolizione della [schiavitù]. Ma esiste solo un modo proprio ed efficace per realizzarlo, e cioè dall'autorità legislativa; e questo, per quanto riguarda il mio suffragio [voto], non dovrà mai mancare.

Ma quando gli schiavi che sono felici e contenti dei loro attuali padroni vengono manipolati e sedotti a lasciarli; quando i maestri vengono colti di sorpresa da queste pratiche; quando una condotta del genere genera scontento da una parte e risentimento dall'altra, e quando capita di ricadere su un uomo [che] perde la sua proprietà per mancanza di mezzi per difenderla; è oppressione in quest’ultimo caso, e non umanità in nessun caso; perché introduce più mali di quanti ne possa curare.