Marat esorta i parigini a non fidarsi del re (1789)

Scrivere dentro L'Ami du Peuple 20 di settembre 1789, il giornalista radicale Jean-Paul Marat esorta i suoi lettori a non fidarsi del re o dei suoi ministri:

“Prego i miei lettori di osservare attentamente che gli articoli da sanzionare, sui quali il re, o meglio i suoi ministri, hanno sollevato difficoltà, sono quelli che riguardano il risarcimento della perdita dei debiti finanziari, la soppressione delle decime prima di aver provveduto per i bisogni dei prelati, all'abolizione delle accuse venali, alla soppressione delle pensioni ecc.

Nel rifiutare la loro sanzione, non possono che pensare alla formazione di un partito formidabile: il clero, l'Ordine di Malta, i tribunali, i mercanti, i finanzieri e l'innumerevole folla di creature che il principe acquista con i soldi dello Stato.

Li supplico anche di osservare che, rifiutando di applicare alla lettera il decreto sul movimento e l'esportazione di grano, stanno cercando di trovare un modo per continuare il loro monopolio su di essi e per ridurre il popolo con la carestia.

Ancora una volta li supplico di osservare che, premendo per le misure finanziarie, stanno solo aspettando il momento in cui il tesoro pubblico è riempito per fermare il lavoro dell'Assemblea Nazionale, per ridurre a fumare la grande opera della Costituzione, e per riportare il popolo alle sue catene.

Queste sono quindi le mie paure per i pericoli derivanti dalla rotta sbagliata seguita dall'Assemblea negli ultimi due mesi, paure che sono state giustificate nell'evento e che hanno dimostrato la correttezza delle mie osservazioni, purtroppo solo troppo chiaramente dimostrato.

Poi c'è il principe [Luigi XVI], che è diventato ancora una volta il supremo arbitro della legge, cercando di opporsi alla Costituzione ancor prima che sia finita. Poi ci sono i ministri, così ridicolmente esaltati, il cui unico pensiero è restituire nelle mani del monarca le catene del dispotismo che la nazione gli ha tolto. Ecco allora la nazione, essa stessa incatenata dai suoi rappresentanti e consegnata indifesa a un maestro imperioso che, dimentico della sua impotenza, viola le sue promesse e giuramenti ".